Continua il nostro viaggio nella terra dei senza. Come sarebbe la quotidianità dei pazienti se non esistesse l’Associazione italiana Celiachia? Non avrebbero la certezza di poter contare su una politica sanitaria all’avanguardia, che oggi prevede un’ampia assistenza alla terapia e al follow up della diagnosi, la loro qualità della vita sarebbe molto inferiore e si troverebbero in un contesto di totale disinformazione
di Daria Capitani
Continua il nostro viaggio nella terra dei senza. L’abbiamo attraversata in un ampio approfondimento sul numero di marzo del nostro magazine. Che cosa significa vivere senza tutto ciò che il Terzo settore mette in campo ogni giorno? Rinunciare al sostegno ai bambini e ai ragazzi con genitori fragili o maltrattanti, all’accoglienza per le donne vittime di violenza, all’aiuto nella gestione della non autosufficienza, alla cultura e alla presenza di personale qualificato quando ci si trova nel sentiero per uscire da una dipendenza. Ci sono ambiti in cui è un’associazione a tenere in piedi un ecosistema di tutele, informazioni e reti fondamentali per un grande numero di persone. È il caso dell’Associazione italiana Celiachia, una realtà nata nel 1979 da un gruppo di genitori, medici e operatori sanitari che si trovavano ad affrontare le prime diagnosi in un contesto di totale assenza di conoscenze su questa patologia. In oltre 45 anni di attività, l’associazione ha contribuito a cambiare l’orizzonte dei pazienti nel momento esatto in cui scoprono la celiachia.
«Senza il lavoro di Aic, le persone celiache che vivono in Italia non avrebbero la certezza di poter contare su una politica sanitaria all’avanguardia, che oggi prevede un’ampia assistenza alla terapia e al follow up della diagnosi», spiega la presidente nazionale Rossella Valmarana. «Incontrerebbero difficoltà quotidiane e la loro qualità della vita sarebbe molto inferiore a quella raggiunta con il supporto dell’associazione». Non solo. «Si troverebbero a vivere in un contesto di totale disinformazione e mancanza di conoscenza sulla patologia».
Un lavoro di advocacy fondamentale
Risale al 1982 il decreto che introduce una prima forma di assistenza ai celiaci, poi seguito dal decreto ministeriale dell’8 giugno 2001 (decreto Veronesi), che introduce i tetti di spesa suddivisi per sesso e classi di età e calcolati in base al fabbisogno energetico giornaliero. «Anche grazie all’associazione pazienti le persone con diagnosi di celiachia hanno diritto a un buono mensile per acquistare alimenti sostitutivi (che hanno ridotto o più spesso sostituito il glutine con altri cereali e ingredienti) in regime di gratuità fino a un tetto massimo di spesa», continua Valmarana. «Una tutela messa a rischio nel 2018, quando si prevedeva un taglio fino al 70% dei tetti di spesa poi attuato dal decreto ministeriale del 10 agosto ma in una percentuale molto ridotta e senza conseguenze per l’assistenza ai pazienti grazie al lavoro di advocacy di Aic».
Senza il lavoro di Aic, le persone celiache che vivono in Italia non avrebbero la certezza di poter contare su una politica sanitaria all’avanguardia, che oggi prevede un’ampia assistenza alla terapia e al follow up della diagnosi
Rossella Valmarana, presidente nazionale Associazione italiana Celiachia
Per osservare scenari diversi, basta guardare ad altri Paesi europei. «In molti non immaginano che, fatto salvo pochi casi particolari come la Norvegia, che prevede un contributo per gli adulti superiore ai 200 euro, in altri Paesi l’assistenza è ben più limitata, se non del tutto assente. Pensiamo ad esempio all’Olanda, dove la terapia è solo parzialmente deducibile dalle tasse o alla Spagna dove è previsto un saltuario contributo economico solo per la comunità autonoma dei Paesi Baschi, il resto del paese non prevede alcuna assistenza ai celiaci. Senza dimenticare che chi vive in Irlanda ha perso tutta l’assistenza nel 2012 e deve pagare di tasca propria la terapia, stessa cosa per chi vive in Finlandia e ha più di 16 anni».
La sicurezza degli alimenti
Impegnata da sempre anche sul fronte della sicurezza degli alimenti, Aic ha seguito l’evoluzione della normativa sull’etichettatura, «fondamentale per i pazienti celiaci la cui terapia impone di escludere prodotti contenenti glutine per tutta la vita». Nel 2008 al Codex Alimentarius, per la prima volta, si superano le differenze sui limiti di glutine tra i vari paesi e viene definito il significato della dicitura “senza glutine” che da allora in poi identificherà alimenti con una concentrazione di glutine pari a 20 mg/kg = 20ppm. Il successivo Regolamento europeo 41/2009 consente di indicare in etichetta se un prodotto è idoneo al celiaco con la dicitura “senza glutine”, se garantisce quindi il limite di riferimento (20 mg/kg = 20ppm). «Nel 2013 il Regolamento 609/2013 abolisce i prodotti dietetici, equiparando gli alimenti destinati a un’alimentazione particolare agli alimenti comuni, mettendo a rischio le tutele dei celiaci in Italia. Soltanto grazie all’azione congiunta di Aic, Aipa e Ministero della Salute si arriverà alla definizione di “prodotto specificamente formulato per celiaci”, che ha allontanato il rischio di considerare gli alimenti per celiaci al pari degli alimenti convenzionali, perdendo il fondamento dell’assistenza integrativa».

Oggi si continua a lavorare sul tema dell’etichettatura: «Aoecs, la Federazione europea di cui Aic fa parte, è impegnata a sollecitare il Codex Alimentarius affinché le nuove linee guida sull’etichettatura precauzionale degli allergeni, attualmente in esame per informare i pazienti della possibile presenza accidentale negli alimenti di allergeni e altre sostanze nocive per persone con intolleranze, tengano nella giusta considerazione anche le necessità dei celiaci, oltre che quelle dei pazienti allergici».
Il diritto al pasto senza glutine
La celiachia è definita malattia sociale dalla legge quadro 123/2005 che prevede, tra le altre cose, un articolo che sancisce che “nelle mense delle strutture scolastiche e ospedaliere e nelle mense delle strutture pubbliche devono essere somministrati, previa richiesta degli interessati, anche pasti senza glutine”. «Per fare un esempio, prima del 2005 i bambini celiaci non avevano diritto al pasto senza glutine in mensa ed erano esposti al rischio esclusione e disagio insieme alle loro famiglie», ricorda la presidente. «Anche su questo fronte la presenza dell’associazione è stata essenziale per raggiungere questo diritto, oggi dato per scontato, e per sensibilizzare sia gli istituti scolastici sia le aziende che si occupano di ristorazione collettiva».
Per chi opera nelle Forze Armate, l’associazione ha avuto un impatto sul futuro professionale: «Grazie ad Aic, dal 2015 le persone che ricevono una diagnosi di celiachia possono conservare la permanenza in servizio, mentre prima venivano riformate o spostate a mansioni civili, una direttiva del Ministero della Difesa disciplina la tutela dei celiaci già parte delle forze armate, affermando l’idoneità dei celiaci all’attività militare».
Per supportare pazienti e familiari nella gestione quotidiana della celiachia, Aic pubblica ogni anno il prontuario degli alimenti, un manuale che raccoglie circa 20mila prodotti reperibili sul mercato, inseriti dopo un accurato controllo degli ingredienti e dei processi produttivi, con l’obiettivo di facilitare la selezione degli alimenti idonei alla propria dieta tra quelli considerati a rischio. Ha ideato il sistema di concessione del marchio Spiga Barrata, massima garanzia di sicurezza e idoneità per le persone celiache, a cui oggi aderiscono tutte le associazioni della Federazione europea. Dalla fine degli anni ’90, è attivo il programma Alimentazione Fuori Casa senza glutine, un network di oltre 4200 esercizi della ristorazione informati sulla celiachia che offrono prodotti e un servizio idoneo alle esigenze alimentari dei celiaci.
La ricerca scientifica
La presenza di un’associazione di riferimento ha permesso di destinare oltre 4,5 milioni di euro alla ricerca scientifica in Italia sulla celiachia finanziando progetti dedicati a genetica, immunologia, prevenzione e terapia di celiachia, dermatite erpetiforme e altre patologie correlate al glutine. «È grazie ad Aic se ogni anno si tiene il più grande evento scientifico nazionale sulla celiachia dedicato a medici e ricercatori e se vengono diffuse pubblicazioni, progetti e iniziative volte a formare e informare la classe medica con particolare attenzione al tema della diagnosi. Circa 400mila persone sono ancora in attesa della diagnosi: puntiamo a far emergere le diagnosi nascoste e a migliorarne i tempi, studiando sempre di più la sintomatologia non classica».
La fotografia in apertura è di Louis Hansel su Unsplash. La fotografia della presidente è dell’Associazione italiana Celiachia